Incontro di Papa Francesco con i Rappresentanti di alcuni Centri di Assistenza e di Carità nel Centro Paroquial de Serafina

Questa mattina, dopo la Confessione di alcuni Giovani della GMG, alle ore 9.45 (10.45 ora di Roma), il Santo Padre Francesco ha incontrato i Rappresentanti di alcuni Centri di Assistenza e di Carità nel Centro Paroquial de Serafina. Erano presenti all’incontro il Centro Paroquial de Serafina, la Casa Famiglia Ajuda de Berço e l’Associazione Acreditar.

Dopo il canto iniziale e l’accoglienza del Parroco e Direttore del Centro, hanno avuto luogo le presentazioni del Centro Paroquial de Serafina, della Casa Famiglia Ajuda de Berço e dell’Associazione Acreditar. Quindi il Papa ha pronunciato il Suo discorso.

Al termine dell’incontro, dopo la recita del Padre Nostro, la Benedizione finale e l’esecuzione di un canto, il Santo Padre è rientrato nella Nunziatura Apostolica di Lisbona dove, alle ore 12.00 (13.00 ora di Roma), ha pranzato con il Patriarca di Lisbona, Em.mo Card. Manuel Clemente, e con 10 giovani di diverse nazionalità. Prima del pranzo con i giovani, inoltre, Papa Francesco ha incontrato brevemente il giornalista israeliano Henrique Cymerman.

Al rientro in Nunziatura, al termine della mattinata, Papa Francesco ha ricevuto la visita di una delegazione del centro internazionale di dialogo KAICIID, accompagnata dal Card. Ayuso.

Nel salutarla, ha espresso la sua gratitudine per la visita e rivolto ai presenti alcune parole sul valore della fraternità e del dialogo e il pericolo del monologo e del proselitismo.

Successivamente Papa Francesco si è intrattenuto in conversazione con Rahim Aga Khan, figlio della guida della comunità ismaelita, che ha il suo centro a Lisbona.

Infine, il Papa ha ricevuto un gruppo di religiosi e persone di diverse fedi e confessioni cristiane coinvolte nell’impegno ecumenico ed interreligioso della Chiesa portoghese.

Papa Francesco ha ringraziato i presenti per la fraternità vissuta, per gli sforzi di dialogo, raccomandando loro di prendersi cura dei giovani, che “sono allegri, ma non superficiali”, e rischiano di essere “anestetizzati” dal mondo che li circonda.

Pubblichiamo di seguito il discorso e le parole a braccio che Papa Francesco ha pronunciato nel corso dell’incontro con i Rappresentanti di alcuni Centri di Assistenza e di Carità:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Ringrazio il Parroco per le sue parole e saluto tutti voi, in particolare gli amici del Centro Paroquial da Serafina, della Casa Famiglia Ajuda de Berço e dell’Associazione Acreditar. E ringrazio per le vostre parole che hanno illustrato il lavoro che si fa, grazie! È bello essere qui insieme nel contesto della Giornata Mondiale della Gioventù, mentre guardiamo alla Vergine che si alza per andare ad aiutare. La carità, infatti, è l’origine e la meta del cammino cristiano, e la vostra presenza, realtà concreta di “amore in azione”, ci aiuta a non dimenticare la rotta, il senso di quello che stiamo facendo sempre. Grazie per le vostre testimonianze, delle quali vorrei sottolineare tre aspetti: fare il bene insieme, agire concretamente e stare vicini ai più fragili. Ossia, fare il bene insieme, agire concretamente, non solo con idee, bensì concretamente, stare vicino ai più fragili.

Primo: fare il bene insieme. “Insieme” è la parola chiave, che è stata ripetuta tante volte negli interventi. Vivere, aiutare e amare insieme: giovani e adulti, sani e malati, insieme. João ci ha detto una cosa molto importante: che non bisogna lasciarsi “definire” dalla malattia, ma farne parte viva del contributo che diamo all’insieme della comunità. È vero: non dobbiamo lasciarci “definire” dalla malattia o dai problemi, perché noi non siamo una malattia, non siamo o un problema: ciascuno di noi è un regalo, è un dono, un dono unico, con i suoi limiti, ma un dono, un dono prezioso e sacro per Dio, per la comunità cristiana e per la comunità umana. Allora, così come siamo, arricchiamo l’insieme e lasciamoci arricchire dall’insieme!

Secondo: agire concretamente. Anche questo è importante. Come ci ha ricordato don Francisco, citando San Giovanni XXIII, la Chiesa non è un museo di archeologia. Alcuni la pensano così, ma non lo è. È l’antica fontana del villaggio che dà l’acqua alle generazioni di oggi come a quelle future (cfr Omelia nella Liturgia in Rito Bizantino-Slavo in onore di S. Giovanni Crisostomo, 13 novembre 1960). La fontana serve per placare la sete delle persone che arrivano, con il peso del viaggio o della vita e sono concretezza. Concretezza, dunque, attenzione al “qui e ora”, come già fate, con cura dei particolari e senso pratico, belle virtù tipiche del popolo portoghese.

Quando non si perde tempo a lamentarsi della realtà, ma ci si preoccupa di andare incontro ai bisogni concreti, con gioia e fiducia nella Provvidenza, accadono cose meravigliose. Lo testimonia la vostra storia: dall’incontro con lo sguardo di un anziano sulla strada nasce un centro di carità “a tutto tondo”, come quello in cui ci troviamo; da una sfida morale e sociale, la “campagna per la vita”, nasce un’associazione che aiuta mamme e famiglie in attesa, bambini, ragazzi e giovani in difficoltà, perché, come ci ha raccontato Sandra, trovino un progetto di vita sicuro; dall’esperienza della malattia nasce una comunità di sostegno a chi affronta la battaglia contro il cancro, specialmente ai bambini, affinché, come ci ha detto João, «l’evoluzione della cura e la migliore qualità della vita diventino per loro una realtà». Grazie per quello che fate! Continuate con mitezza e gentilezza a lasciarvi interrogare dalla realtà, con le sue povertà antiche e nuove, e a rispondere in modo concreto, con creatività e coraggio.

Il terzo aspetto: stare vicini ai più fragili. Tutti siamo fragili e bisognosi, ma lo sguardo di compassione del Vangelo ci porta a vedere le necessità di chi ha più bisogno. E a servire i poveri, i prediletti di Dio che si è fatto povero per noi (cfr 2 Cor 8,9): gli esclusi, gli emarginati, gli scartati, i piccoli, gli indifesi. Sono loro il tesoro della Chiesa, sono i preferiti di Dio! E, tra di loro, ricordiamoci di non fare differenze. Per un cristiano, infatti, non ci sono preferenze di fronte a chi bussa bisognoso alla porta: connazionali o stranieri, appartenenti a un gruppo o ad un altro, giovani o anziani, simpatici o antipatici…

E, a proposito di carità, vorrei ora raccontarvi una storia, specialmente a voi bambini, che forse non la conoscete. È la storia, veramente accaduta, di un giovane portoghese vissuto molto tempo fa. Si chiamava Giovanni Ciudad e abitava a Montemor-o-Novo. Sognava una vita avventurosa e così, da ragazzo, partì da casa in cerca della felicità. La trovò dopo tanti anni e molte avventure, quando incontrò Gesù. E fu così felice della scoperta che decise di cambiare perfino il nome e di chiamarsi, da allora in poi, non più Giovanni Ciudad, ma Giovanni di Dio. E fece una cosa ardita: andò in città e si mise a chiedere l’elemosina per strada, dicendo alla gente: «Fate del bene, fratelli, a voi stessi!». Capite? Chiedeva la carità, ma diceva a quelli che gliela facevano che, aiutando lui, in realtà aiutavano prima di tutto sé stessi! Spiegava, cioè, che i gesti d’amore sono un dono anzitutto per chi li fa, prima ancora che per chi li riceve; perché tutto quello che si accaparra per sé andrà perso, mentre quello che si dona per amore non andrà mai sprecato, ma sarà il nostro tesoro in cielo.

Per questo diceva: «Fate del bene, fratelli, a voi stessi!». Ma l’amore non rende felici solo in cielo, bensì già qui in terra, perché dilata il cuore e permette di abbracciare il senso della vita. Se vogliamo essere davvero felici, impariamo a trasformare tutto in amore, offrendo agli altri il nostro lavoro e il nostro tempo, dicendo parole e compiendo gesti buoni, anche con un sorriso, con un abbraccio, con l’ascolto, con lo sguardo. Cari ragazzi, fratelli e sorelle, viviamo così! Tutti possiamo farlo e tutti ne abbiamo bisogno, qui e ovunque nel mondo.

Sapete poi cosa successe a Giovanni? Che non lo capirono! Pensavano che fosse matto e lo chiusero in un manicomio. Ma lui non si demoralizzò, perché l’amore non si arrende, perché chi segue Gesù non perde la pace e non si piange addosso. E proprio lì, in manicomio, portando la croce, arrivò l’ispirazione di Dio. Giovanni si rese conto di quanto i malati avessero bisogno di aiuto e, quando finalmente lo lasciarono uscire, dopo alcuni mesi, cominciò a prendersi cura di loro con altri compagni, fondando un ordine religioso: i Fratelli Ospedalieri. Alcuni, però, cominciarono a chiamarli in un altro modo, proprio con le parole di quel giovane che diceva a tutti: “Fate-del-bene-fratelli”! A Roma noi li chiamiamo così: i “Fatebenefratelli”. Che bel nome, che insegnamento importante! Aiutare gli altri è un dono per sé e fa bene a tutti. Sì, amare è un dono per tutti! Ricordiamoci: “o amor é um presente para todos!”. Ripetiamolo insieme: o amor é um presente para todos!

Amiamoci così! Continuate a fare della vita un regalo d’amore e di gioia. Io vi ringrazio e vi raccomando, tutti quanti ma specialmente i bambini, andate avanti a pregare per me. Obrigado!

***

[Parole a braccio]

Sono molte le cose che vorrei dirvi ora, ma succede che non mi stanno funzionando “i riflettori” e non posso leggere bene. Perciò ve lo consegno, perché lo rendiate pubblico poi. Non si può forzare la vista e leggere male.

Voglio solo soffermarmi su qualcosa che non è scritto, ma che sta nello spirito dell’incontro: la concretezza. Non esiste amore astratto, non esiste. L’amore platonico sta in orbita, non sta nella realtà. L’amore concreto, quello che si sporca le mani. Ognuno di noi può chiedere: l’amore che io sento per tutti quelli che stanno qui, quello che sento per gli altri, è concreto o astratto? Quando io do la mano a una persona bisognosa, a un malato, a un emarginato, dopo aver dato la mano, faccio subito così [strofina la mano sulla veste] per non contagiarmi? Mi disgusta la povertà, la povertà degli altri? Cerco sempre la vita “distillata”, quella che esiste nella mia fantasia, ma non esiste nella realtà? Quante vite distillate, inutili, che passano senza lasciare un’impronta, perché quelle vite non hanno peso!

E qui abbiamo una realtà che lascia un’impronta, una realtà di tanti anni, tanti anni, che sta lasciando un’impronta che è d’ispirazione per gli altri. Non potrebbe esistere una Giornata Mondiale della Gioventù senza tener conto di questa realtà. Perché anche questo è gioventù, nel senso che voi generate vita nuova continuamente. Con la vostra condotta, con il vostro impegno, con il vostro sporcarvi le mani per toccare la realtà della miseria degli altri, state generando ispirazione, state generando vita. Grazie per questo! Vi ringrazio con tutto il cuore. Andate avanti e non vi scoraggiate! E se vi scoraggiate, prendete un bicchiere d’acqua e andate avanti!

error: Contenuto protetto!