Presepe: la Speranza è entrata nella storia umana.

Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità News,la password che vi propongo questa settimana è presepe. Una parola nota a tutti noi e legata alla nostra tradizione religiosa e culturale cattolica. Ma che cosa significa la parola presepe o presepio? È una parola che deriva dal latino praesepium/praesepe e significa letteralmente “greppia o mangiatoia”, a cui si lega anche il verbo, sempre latino, prae-saepire, che vuol dire, “cingere, chiudere con una siepe”. Questa parola, perciò, indica la mangiatoia ove fu posto Gesù alla sua nascita e insieme la grotta in cui essa si trovava. Anche se ormai nell’uso comune e quotidiano, con il termine presepe indichiamo: “la rappresentazione plastica della nascita di Gesù che si fa nelle chiese e nelle case, nelle festività natalizie e dell’Epifania, riproducendo scenicamente, con figure formate di materiali vari e in un ambiente ricostruito più o meno realisticamente le scene della Natività e dell’Adorazione dei Magi” (Vocabolario Treccani on-line, voce presepio).

Ma da dove è nato il presepe così come lo conosciamo noi? Chi è stato l’ideatore di una tradizione così bella che da sempre caratterizza le nostre famiglie, chiese e, in particolare, la nostra cara Italia? Di tutto ciò dobbiamo ringraziare un grande italiano, che da ottocento anni attira persone da tutto il mondo, che vedono in lui un modello a cui ispirarsi e un maestro della vita cristiana: San Francesco d’Assisi. Nel 1223, precisamente il 29 novembre, papa Onorio III, con la bolla Solet annuere approvò definitivamente la regola dei frati Minori (l’ordine fondato d San Francesco). Nelle settimane successive Francesco D’Assisi si avviò verso l’eremo di Greccio dove espresse il suo desiderio di celebrare il quel luogo il Natale. Ad uno del luogo disse che voleva vedere con “gli occhi del corpo” come il bambino Gesù, nella sua scelta di abbassamento, fu adagiato in una mangiatoia. Quindi stabilì che fossero portati in un luogo stabilito un asino e un bue – che secondo la tradizione dei Vangeli apocrifi erano presso il bambino – e sopra un altare portatile, collocato su una mangiatoia, fu celebrata l’Eucaristia. Per Francesco come gli apostoli videro con gli occhi del corpo l’umanità di Gesù e credettero con gli occhi dello spirito alla sua divinità, così ogni giorno mentre vediamo il pane e il vino consacrato sull’altare, crediamo alla presenza del Signore in mezzo a noi.

Nella notte di Natale a Greccio non c’erano ne statue e neppure raffigurazioni, ma unicamente una celebrazione eucaristica sopra una mangiatoia, tra il bue e l’asinello. Solo più tardi tale avvenimento ispirò la rappresentazione della Natività mediante immagini, ossia il presepio in senso moderno. Alla morte di San Francesco nel 1226, e in seguito alla sua canonizzazione nel 1128, grazia anche all’opera dei frati Minori, la devozione verso il Santo di Assisi si diffuse sempre più e il fatto accaduto nella notte di Natale a Greccio venne conosciuto da molte persone che desiderarono raffigurarlo e replicarlo, iniziando a diffondere il presepe.  

CHIESA DELLA NATIVITÀ A BETLEMME

Il presepe, pertanto, ci ricorda la venuta di Gesù Cristo, il Figlio di Dio nel mondo, nella storia umana. Colui che l’evangelista Giovanni chiama il “Verbo”, che in principio “era presso Dio” ed “era Dio” e che “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 1.14). Il presepe ci ricorda una delle verità di fede che distingue il cristianesimo da tutte le altre religioni presenti nel mondo: l’Incarnazione del Figlio di Dio. Mentre in tutte le altre religioni è sempre l’uomo che si deve sforzare di andare verso Dio, di elevarsi verso di Lui, nel cristianesimo, Dio ha preceduto l’uomo, facendosi come lui, assumendo una carne in tutto uguale alla sua e vivendo e sopportando tutto ciò che caratterizza la sua vita su questa terra, tranne il peccato.

Il presepe, come ha detto Papa Francesco nell’udienza generale del 21 dicembre di tre anni fa , ci ricorda che “la speranza è entrata nel mondo”. “Quando” – prosegue il pontefice – “si parla di speranza, spesso ci si riferisce a ciò che non è in potere dell’uomo e che non è visibile. In effetti, ciò che speriamo va oltre le nostre forze e il nostro sguardo. Ma il Natale di Cristo, inaugurando la redenzione, ci parla di una speranza diversa, una speranza affidabile, visibile e comprensibile, perché fondata su Dio. Egli entra nel mondo e ci dona la forza di camminare con Lui – Dio cammina con noi in Gesù – camminare con Lui verso la pienezza della vita; ci dà la forza di stare in maniera nuova nel presente, benché faticoso. Sperare allora per il cristiano significa la certezza di essere in cammino con Cristo verso il Padre che ci attende. La speranza mai è ferma, la speranza è sempre in cammino e ci fa camminare. Questa speranza, che il Bambino di Betlemme ci dona, offre una meta, un destino buono al presente, la salvezza all’umanità, la beatitudine a chi si affida a Dio misericordioso”. (Papa Francesco, udienza del mercoledì del 21/12/2016).Fino alla Lettera Apostolica Admirabile signum firmata a Greccio la settimana scorsa dal Pontefice, in cui rivela la bellezza e la pienezza del dono d’amore di Dio attraverso il Figlio.

Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità News,tra poche settimane celebreremo nuovamente il Natale, è la tradizione stupenda del presepe è un occasione che non dobbiamo smarrire nelle nostre famiglie e nelle nostre case. Spesso si assiste al tentativo di eliminare una tradizione così bella e significativa, dalle nostre case, scuole, e luoghi pubblici, in nome di una laicità, che a mio avviso è una “falsa laicità” e non “una vera laicità”, capace di rispettare i valori e le convinzioni di tutti e di armonizzare le differenze. Quando apprendo notizie di scuole che vogliono eliminare il presepe o altri segni religiosi cristiani, per rispetto a ragazzi che appartengono ad altre fedi religiose o in nome di uno stato laico, mi domando perché eliminare e non integrare? Anziché togliere i segni religiosi cristiani, se ci sono ragazzi/e di altre fedi religiose, realizziamo luoghi dove esporre i loro segni religiosi. La vera laicità dovrebbe, infatti, creare uno spazio dove le differenze dovrebbero coesistere in armonia. Questa è la sua più autentica vocazione. L’armonia vera, infatti, non è mai omologazione (l’omologazione è sempre delle ideologie!), ma unità nella diversità, è integrazione delle differenze!

Il presepe cari lettori e lettrici è anche l’occasione per ricordarci che non siamo soli, ma che abbiamo una speranza – come ricordava papa Francesco – a cui aggrapparci nelle difficoltà e prove della vita, il Signore Gesù Cristo. Egli è la luce che ha squarciato le tenebre dell’umanità e che ormai risplende dinanzi ai nostri occhi perché possiamo camminare lungo una strada sicura. Egli è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, vicino alle nostre situazioni personali, sia di gioia come di dolore.Vi lascio a conclusione dell’articolo di qualche tempo fa, augurandovi di trascorre un santo Natale e un felice anno nuovo – le parole di due grandi uomini sul natale, tutte e due poeti, ma di nazionalità diversa: Bertold Brecht e Clemente Rebora. “Oggi siamo seduti, alla vigilia di Natale, noi gente misera, in una gelida stanzetta, il vento corre fuori, il vento entra. Vieni buon Signore Gesù, da noi, volgi lo sguardo: perché Tu ci sei davvero necessario” (Bertold Brecht) e “Gesù Signore, dammi il tuo Natale di fuoco interno nell’umano gelo”. (Clemente Rebora).

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