Memoria di San Giovanni Bosco:Padre e maestro della gioventù.
Giovanni Paolo II lo definì «Padre e maestro della gioventù» per la sua pedagogia, sintetizzabile nel “sistema preventivo”, che si basa su tre pilastri: religione, ragione e amorevolezza e si propone di formare buoni cristiani e onesti cittadini. Uno dei capolavori della sua pedagogia fu S. Domenico Savio. Don Bosco, uno dei santi più amati invita, è anche oggi uno dei più invocati e popolari per le grazie che si ottengono incessantemente per sua intercessione. Giovanni Bosco nasce in una cascina, in una piccola frazione, “I Becchi” di Castelnuovo d’Asti, oggi Castelnuovo Don Bosco, figlio di Francesco Bosco e Margherita Occhiena.Il padre era rimasto vedovo di un precedente matrimonio e aveva già avuto due figli, di nome Antonio e Teresa Maria, anche se la seconda era morta dopo appena due giorni dalla nascita. Oltre a Giovanni, ebbe da Margherita Occhiena un altro figlio, che chiamò Giuseppe.Francesco Bosco, il padre, quando Giovanni aveva ancora due anni, contrasse una grave polmonite che lo condusse alla morte nel maggio del 1817, lasciando così la moglie Margherita vedova con tre figli da accudire, oltre alla madre del marito, anziana e inferma.Furono anni molto difficili per mamma Margherita; molta gente morì a causa della fame e delle epidemie. Margherita riuscì a sopravvivere insieme ai suoi figlioli solo comprando, a caro prezzo, il grano dal sacerdote Don Vittorio Amede, ritenuto un vero e proprio strozzino.
A nove anni il piccolo Giovanni Bosco ebbe un sogno che egli stesso definì “profetico” e che più volte raccontò ai ragazzi del suo Oratorio:”A 9 anni ho fatto un sogno. Mi pareva di essere vicino a casa, in un cortile molto vasto, dove si divertiva una gran quantità di ragazzi. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le bestemmie, mi slanciai in mezzo a loro. Cercai di farli tacere usando pugni e parole.In quel momento apparve un uomo maestoso, vestito nobilmente. Un manto bianco gli copriva tutta la persona. La sua faccia era così luminosa che non riuscivo a fissarla. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi a capo di quei ragazzi. Aggiunse: “Dovrai farteli amici non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carità. Su, parla, spiegagli che il peccato è una cosa cattiva e che l’amicizia con il Signore è un bene prezioso”.
Poi apparve una donna di aspetto maestoso, la Vergine Maria che, mostrandogli il campo da lavorare – «capretti, cani e parecchi altri animali» – gli disse: «Renditi umile, forte e robusto» e, posandogli la mano sul capo, concluse: «A suo tempo tutto comprenderai». Già allora Giovanni alla domenica, dopo i Vespri, riuniva i suoi coetanei sul prato davanti a casa intrattenendoli con giochi vari e con acrobazie che aveva imparato dai saltimbanchi delle fiere, poi ripeteva loro la predica che aveva ascoltato in chiesa e che, essendo dotato di una memoria eccezionale, ricordava perfettamente. Dopo la prima comunione (il 26 marzo 1826) per sottrarsi alle prepotenze del fratellastro, dovette andarsene da casa, lavorando come garzone alla cascina Moglia. Lì, nel novembre 1829, di ritorno da una missione predicata a Buttigliera d’Asti, si imbatté in don Giovanni Calosso, cappellano di Morialdo il quale, saputo da dove veniva, gli chiese di dire qualcosa sulla predica che aveva ascoltato e il ragazzo gliela ripeté interamente. Il sacerdote, stupito, si impegnò ad aiutarlo negli studi dandogli le prime lezioni di latino. Purtroppo il buon prete morì improvvisamente un anno dopo e Giovanni poté riprendere a studiare soltanto nel 1831, terminando a tempi di record in quattro anni le elementari e il ginnasio. Si pagava la scuola facendo ogni sorta di mestieri: sarto, barista, falegname, calzolaio, apprendista fabbro. Il 25 ottobre 1835, a vent’anni entrò nel seminario di Chieri rimanendovi sei anni e il 5 giugno 1841 era ordinato sacerdote. Subito dopo, su consiglio di san Giuseppe Cafasso, passò al Convitto Ecclesiastico di Torino per perfezionarsi in teologia morale e prepararsi al ministero. E nell’attigua chiesa di san Francesco d’Assisi l’8 dicembre di quello stesso anno cominciò il suo apostolato facendo amicizia con un giovane muratore, Bartolomeo Garelli, che era stato maltrattato dal sacrista perché non sapeva servire la messa. Don Bosco gli fece recitare un’Ave Maria e lo invitò a tornare da lui con i suoi amici. Nacque così l’oratorio. Inizialmente, le riunioni avvenivano nell’Ospedaletto di santa Filomena per bambine disabili, che si stava costruendo a Valdocco per iniziativa della Serva di Dio Giulia Colbert, marchesa di Barolo, perché don Bosco era stato assunto dalla marchesa come secondo cappellano del “Rifugio”, una struttura realizzata da lei per favorire il reinserimento nella società di ex detenute e per salvare dalla strada le ragazze a rischio. Una stanza dell’Ospedaletto fu trasformata in cappella e dedicata a san Francesco di Sales, di cui la marchesa aveva fatto dipingere l’immagine su una parete. L’oratorio, superate diverse traversie, trovò poi la sua sede definitiva a poche centinaia di metri, sempre a Valdocco, nell’aprile 1846: ad esso col tempo si sarebbe aggiunto un internato per studenti e artigiani, mentre nel 1852 sarebbe stata benedetta la chiesa dedicata s san Francesco di Sales. Qualche anno dopo sarebbe nata la Congregazione Salesiana al servizio della gioventù, che avrebbe raggiunto uno sviluppo incredibile in Italia e all’estero.Nel suo instancabile apostolato educativo, il santo trovava anche il tempo di scrivere numerosi libri per la gioventù. In quegli anni furono stampati la Storia Sacra, la Storia Ecclesiastica, la Vita di Luigi Comollo, un giovane seminarista suo compagno di studi morto in concetto di santità, la Corona dei sette dolori, il Divoto dell’Angelo Custode e Il Giovane provveduto, quest’ultimo tradotto, ancora lui vivente, in francese, spagnolo e portoghese.Nel 1853 cominciò la pubblicazione delle Letture Cattoliche per la preservazione della fede nel popolo, che ebbero un successo immediato. Seguirono poi opere agiografiche come la Vita di S. Giuseppe e le Vite dei Papi dei primi secoli. Nel 1877 cominciò il Bollettino Salesiano, ancora oggi diffuso nel mondo in 56 edizioni e in 26 lingue raggiungendo 135 paesi. Fu ancora lui, inoltre, a realizzare la prima tipografia come scuola grafica. Ovviamente, dato il clima anticlericale di allora, l’oratorio di Valdocco fu soggetto a visite e a ispezioni da parte del governo liberale, cui era nota la fedeltà incondizionata di Don Bosco al Papa. Tuttavia, la fama che egli si era guadagnato per la sua opera educativa tra i giovani gli consentì di fare da mediatore nei contrasti tra lo Stato italiano e Santa Sede, come ad esempio nel segnalare al governo i nomi di possibili vescovi per le chiese vacanti. Per questo egli è considerato uno degli antesignani della Conciliazione fra Stato e Chiesa.Nel 1868 era stata consacrata a Valdocco la basilica di Maria Ausiliatrice, frutto delle grazie straordinarie della Madonna e della fede del santo il quale, quattro anni dopo, ispirato all’alto, realizzava un altro monumento alla Vergine, fondando l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice per l’educazione della gioventù femminile dopo aver incontrato un gruppo di giovani, in qualche modo consacrate, dirette da don Domenico Pestarino e animate da santa Maria Domenica Mazzarello. Le case dei salesiani intanto si moltiplicavano e nel 1876 Don Bosco organizzò la prima spedizione missionaria, con meta la repubblica Argentina. Da allora l’espansione procedette a ritmi sempre più intensi. Nel 1880 Leone XIII affidò al santo la costruzione del tempio del S. Cuore a Roma, e per questo Don Bosco si recò questuante a Parigi suscitando ammirazione per miracoli e grazie eccezionali da lui ottenuti; nel 1886 si recò in Spagna, accolto altrettanto trionfalmente dalla popolazione. Fece appena in tempo a recarsi a Roma per l’inaugurazione della basilica del S. Cuore, mentre si aggravavano le sue condizioni di salute. Morì il 31 gennaio 1888. Fu beatificato da Pio XI nel 1929 e da lui canonizzato il giorno di Pasqua (1° aprile) del 1934. Il messaggio educativo di don Bosco si condensa intorno a tre parole: ragione, religione,amorevolezza. L’ultima delle tre è il fondamento del suo principio educativo; non è un sentimento, ma una virtù che ha la sua radice nell’amore soprannaturale. Infatti, alla base del suo sistema preventivo c’e un profondo amore per i giovani e questo amore per loro è la chiave di tutta la sua opera educativa.