Visita Ufficiale di Papa Leone XIV al Presidente della Repubblica Italiana On. Sergio Mattarella

Questa mattina, il Santo Padre Leone XIV si è recato al Palazzo del Quirinale in occasione della Visita Ufficiale al Presidente della Repubblica Italiana On. Sergio Mattarella.
Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’incontro con Sua Santità Leone XIV, in visita ufficiale

Beatissimo Padre, è un privilegio e motivo di grande emozione accoglierLa al Quirinale.
Un Palazzo che è testimone di una parte importante della storia del Papato e dell’Italia e che la Repubblica custodisce come “casa” di tutti gli italiani.
Questa cerimonia vuol suggellare, anche oggi, il legame imprescindibile tra Santa Sede e Italia e rappresenta un gesto di omaggio nei Suoi confronti da parte dell’intera Italia, a nome della quale – assieme alle istituzioni della Repubblica qui presenti – desidero esprimere sentimenti di affettuosi auguri per l’Alto Magistero che il Conclave Le ha affidato.
Lo scorso aprile il popolo italiano si è stretto nel cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco, che ha lasciato in tutti – credenti e non credenti – un ricordo indelebile.
Al contempo, sin dal giorno della Sua elezione, Vostra Santità ha potuto constatare l’ampiezza delle manifestazioni di vicinanza del popolo italiano, che ritrova nella Sua azione, in favore della centralità della persona umana, della pace e del dialogo, valori condivisi e fondanti, che sono anche alla base della nostra Costituzione.
In questo Anno Santo dedicato alla speranza, sono in gran numero le persone di buona volontà, in Italia e all’estero, che guardano all’autorità morale della Santa Sede, trovando nella Sua azione, e nel Suo incessante impegno in favore dell’umanità intera, motivi per mantenere viva la speranza.
Viviamo tempi di grande difficoltà.
Il Secondo dopoguerra aveva saputo puntare a un mondo costruito sul multilateralismo, su di un sistema che prevedeva il dialogo per la risoluzione delle controversie. Un sistema che oggi sembra progressivamente accantonato.
Le istituzioni allora sorte appaiono indebolite – talvolta strumentalmente, e irresponsabilmente, delegittimate – e non in grado di incidere con la necessaria efficacia sulle crisi attuali.
Preoccupa il venir meno di meccanismi che costruiscono fiducia tra gli Stati.
In questo scenario, la logica del più forte, la tentazione di fare ricorso alle armi per risolvere una disputa, sembrano talvolta prevalere.
Dignità e diritti di singoli, di gruppi, di popoli sono sovente calpestati.
L’aggressione russa su larga scala in Ucraina, a distanza di quasi quattro anni, continua a mietere vittime civili innumerevoli, a seminare morte e distruzione, a gettare una inquietante ombra di insicurezza sull’intero continente europeo.
In Medio Oriente, alla ferita atroce dell’attacco terroristico del 7 ottobre 2023, ha fatto seguito una reazione che ha superato non soltanto criteri di proporzionalità, ma anche i confini di umanità.
Oggi c’è “una scintilla di speranza” – come Vostra Santità ha rimarcato – che va sostenuta con convinzione.
La liberazione degli ostaggi rimasti in vita è di grande valore e coinvolge quanti hanno a cuore civiltà e dignità delle persone, rivolgendo un pensiero a quanti sono morti in quella crudele condizione di prigionia.
Il cessate il fuoco a Gaza consente di iniziare a porre riparo a quella popolazione, così provata da brutale sofferenza.
Ci auguriamo che il negoziato in atto sulle tappe successive si concluda positivamente e conduca, al più presto, a un’interruzione definitiva delle ostilità e delle violenze nella Striscia, a beneficio anche della generale stabilità del Medio Oriente e della condizione dei Luoghi Santi, per rilanciare la soluzione di uno Stato per ciascuno di due popoli, la sola in grado di consentire la possibilità di un futuro in cui tutti – Israele e Palestina – trovino pace e sicurezza.
Vorrei riaffermare che la pace vera, duratura, risiede nell’animo dei popoli. Diversamente, sotto la cenere della fine delle violenze cova il rancore, pronto a divampare nuovamente alla prima occasione che possa essere sfruttata, per rendersi conto allora che la fine delle violenze si trasforma, purtroppo, in una parentesi tra due esplosioni.
Ucraina e Medio Oriente sono soltanto due dei principali scenari di guerra, quelli a noi più vicini.
Il numero dei conflitti e delle crisi umanitarie in corso è purtroppo più alto, come Vostra Santità più volte ci ha ricordato.
Anzi, di fronte a tanta efferatezza un rischio che non possiamo sottovalutare è che – accanto ai tanti che si sentono chiamati all’opera di costruire la pace – parte dell’opinione pubblica rimanga come assuefatta, che la sofferenza di milioni di esseri umani non scuota più le coscienze.
Non aspiriamo soltanto a una interruzione nelle violenze: non possiamo sentircene appagati. Aspiriamo a una condizione che faccia riprendere ai popoli uno stabile percorso di pace e di collaborazione nella vita del mondo.
A fare le spese di un mondo nel quale la convivenza pacifica è messa così in pericolo, sono sempre i più vulnerabili, soprattutto bambini e giovani, Non è accettabile che venga sottratto il futuro a intere generazioni.
Spesso a pagare un prezzo alto nelle guerre sono le comunità cristiane, prese di mira per il ruolo di stabilizzazione e di moderazione che tradizionalmente esercitano, in particolare nel Vicino Oriente.
È un quadro allarmante, Santità, che contrasta con le aspirazioni dei cittadini di ogni popolo. I suoi riflessi non risparmiano neppure le nostre società, alle prese con frequenti fenomeni di polarizzazione, di integralismo, di emarginazione dei poveri e degli svantaggiati.
Vecchie e nuove povertà si contrappongono nel mondo a ricchezze sempre più smisurate.
Interpellano le coscienze i richiami di Vostra Santità alla povertà dei molti, come esito di ingiustizie interne e di squilibri internazionali; così come i richiami alla necessità di sviluppare un nuovo umanesimo, di fronte alla sfida dell’intelligenza artificiale, e l’incessante Sua esortazione alla ricerca di autentici percorsi di riconciliazione.
Punti di riferimento chiari e coinvolgenti, tesi a realizzare società umane nelle quali il rispetto dei diritti di ciascuno, il contemperamento delle disparità, l’uguaglianza nelle possibilità siano cardine per il perseguimento del bene comune.
Le esprimo, Santità, la riconoscenza più alta per l’insegnamento e l’orizzonte presentati dalla Dilexi te, l’Esortazione Apostolica diffusa nei giorni scorsi, che sollecita all’indispensabile trasformazione di mentalità.
Non vogliamo arrenderci alla prospettiva di una società dominata da oligarchi o, meglio, da privilegiati, in base al censo, alla spregiudicatezza, all’indifferenza verso gli altri, che si profila rimuovendo i valori di uguaglianza, di solidarietà, di libertà.
Accanto a questi – in contrasto con tante generose iniziative, anche in Italia – vi sono fenomeni sovente mossi dalla paura dello sconosciuto, dall’arroccamento di fronte a processi strutturali di rilevanza globale che stanno modificando le nostre realtà: il cambiamento climatico, le migrazioni, lo stesso uso delle nuove tecnologie.
Processi che richiederebbero, al contrario, nella vita internazionale, un deciso recupero dei valori della convivenza e del dialogo. Valori che consentirebbero di gestire questi fenomeni ordinatamente e con spirito cooperativo, impegnandosi a non lasciare nessuno indietro, preservando così la dignità di ciascuno e il benessere della società.
Un’indicazione di grande significato proviene dall’Europa e dalla sua storica svolta che ha visto popoli che si erano a lungo duramente combattuti raccogliersi insieme intorno ai principi di pace e di collaborazione per un futuro comune.
Un nucleo di valori, che, nei padri fondatori – molti di formazione cristiana – ha trovato ispirazione nel rispetto della dignità di ogni persona, della solidarietà, della giustizia, e che costituisce l’anima delle nostre democrazie, intese non soltanto come rispetto delle “regole del gioco”, ma nella essenza più profonda di garanzia di libertà, uguaglianza, partecipazione. Tutti antidoti alla contrapposizione irriducibile, ai conflitti di ogni genere, alla guerra.
Come ricordò Pio XII, nel suo storico messaggio del Natale 1944, l’ordine democratico include l’unità del genere umano e – come disse – “da questo principio deriva l’avvenire della pace”.
Si tratta di un appello a bandire per sempre la guerra come mezzo per risolvere le controversie.
Un appello che, attraverso il magistero dei Pontefici che si sono susseguiti da allora ad oggi, trova in Vostra Santità un nuovo instancabile messaggero, come dimostra il Suo primo intervento dalla Loggia delle Benedizioni.
Una pace – come Ella ha sottolineato – che “comincia da ognuno di noi”: per questo è così essenziale disarmare gli animi e disarmare le parole.
In questo una responsabilità specifica spetta ai decisori politici e a quanti influenzano l’opinione pubblica, nel rifuggire dall’esaltazione dei contrasti piuttosto che nel coltivare dialogo e reciproca comprensione.

Santità,
in un contesto internazionale in cui sono presenti ostentazioni di un pericoloso spregio del diritto, è significativo che la relazione fra la Repubblica e la Chiesa in Italia si basi su una cornice di regole condivise e rispettate da ambo le parti.
I Patti Lateranensi, che, nel 1929, misero fine alla cosiddetta “questione romana” e che furono inseriti, nel 1947, dall’Assemblea Costituente nella Costituzione repubblicana, l’Accordo che, nel 1984, ha pienamente allineato quadro pattizio, disposizioni della Carta fondamentale d’Italia e sviluppi promossi dalla Chiesa con il Concilio Vaticano II.
Il nuovo Accordo, riflettendo una concezione matura ed equilibrata dei rapporti tra Stato e Chiesa Cattolica, afferma una piena libertà di religione e di coscienza, condizione perché la persona possa manifestare la sua dignità e, con essa, la sua vocazione all’affermazione della propria autonomia e responsabilità.
La cornice pattizia invera ancora oggi la fruttuosa alleanza tra Chiesa Cattolica e Stato italiano, “ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani”, ma uniti nel comune obiettivo di tutelare e accrescere il bene comune.
La solidità del rapporto con la Chiesa cattolica ha significato per l’Italia – e tengo a ricordarlo in questa occasione – un rafforzamento del patrimonio vitale e indivisibile dell’unità nazionale, accrescendo la coesione del nostro popolo, contribuendo alla consapevolezza della responsabilità che ciascuno reca verso la comunità in cui vive.
La Chiesa cattolica ha svolto e continua a svolgere un’azione mirabile a sostegno delle frange più deboli della popolazione. E per questo Le siamo profondamente grati.
Un impegno che vediamo, quotidianamente, promuovere opere sociali di grande valore, accoglienza ai migranti, impegno per la legalità.
Beatissimo Padre,
Grazie per la Sua visita. Sono certo di interpretare sentimenti unanimi, esprimendo sostegno e solidarietà alla Sua azione, in un contesto internazionale così difficile e travagliato.
Formulo gli auguri più sinceri, a nome di tutte le italiane e tutti gli italiani, oltre che miei personali, per un fecondo Pontificato e per il benessere spirituale e personale della Santità Vostra.

Pubblichiamo di seguito il Discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:
Signor Presidente,
La ringrazio per le gentili parole che mi ha indirizzato e per l’invito a venire qui, al Quirinale, Palazzo a cui tanto sono legate la storia della Chiesa Cattolica e la memoria di numerosi Pontefici.
Come Vescovo di Roma e Primate d’Italia, per me è significativo rinnovare, con questa visita, il forte legame che unisce la Sede di Pietro al Popolo italiano, che Lei rappresenta, nel quadro dei cordiali rapporti bilaterali che intercorrono tra l’Italia e la Santa Sede, stabilmente improntati a sincera amicizia e fattiva mutua collaborazione.
Si tratta, del resto, di un felice connubio che ha le sue radici nella storia di questa Penisola e nella lunga tradizione religiosa e culturale di questo Paese. Ne scorgiamo i segni ad esempio nelle innumerevoli chiese e nei campanili che ne costellano il territorio, spesso veri e propri scrigni d’arte e di devozione, in cui la creatività innata di questo Popolo, unita alla sua fede genuina e solida, ci ha consegnato la testimonianza di tanta bellezza: artistica, certamente, ma soprattutto morale e umana.
Colgo l’occasione del nostro incontro per esprimere la viva gratitudine della Santa Sede per quanto le Autorità italiane hanno fatto e continuano a fare in occasione di vari e impegnativi eventi ecclesiali con baricentro a Roma e risonanza universale.
Mi preme in particolare manifestare riconoscenza per lo sforzo profuso a vari livelli nella circostanza della morte del mio venerato Predecessore, Papa Francesco. Proprio qui, al Quirinale, egli aveva detto: «Le mie radici sono in questo Paese» (Discorso nella Visita Ufficiale al Presidente della Repubblica Italiana, 10 giugno 2017), e certamente il suo amore per la terra e il Popolo italiani ha trovato in quei giorni una risposta toccante e calorosa, che si è manifestata anche nel grande e accorto impegno compiuto durante il successivo Conclave per l’elezione del nuovo Pontefice.
Ancora voglio dire un sentito “grazie” a Lei, Signor Presidente, e al Paese intero per la bella testimonianza di accoglienza, nonché di efficiente organizzazione, che l’Italia da mesi sta offrendo, durante lo svolgersi dell’Anno Giubilare, sotto diversi aspetti – logistica, sicurezza, predisposizione e gestione di infrastrutture e di servizi, e molto altro –, aprendo le sue braccia e mostrando il suo volto ospitale a tanti pellegrini che affluiscono qui da ogni parte del mondo. La Chiesa universale sta celebrando il Giubileo della speranza. Papa Francesco, nella Bolla Spes non confundit, con cui lo indiceva nel maggio 2024, sottolineava l’importanza di «porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza» (n. 7). Penso che la bella sinergia e collaborazione, che stiamo vivendo in questi giorni, costituisca già da sé un segno di speranza per tutti coloro che con fede vengono a varcare la Porta Santa e a pregare sulle tombe di Pietro e degli Apostoli.
Tra pochi anni celebreremo il centenario dei Patti Lateranensi. A maggior ragione mi sembra giusto ribadire, in proposito, quanto sia importante la reciproca distinzione degli ambiti, a partire dalla quale, in un clima di cordiale rispetto, la Chiesa Cattolica e lo Stato Italiano collaborano per il bene comune, a servizio della persona umana, la cui dignità inviolabile deve sempre stare al primo posto nei processi decisionali e nell’agire, a tutti i livelli, per lo sviluppo sociale, specialmente per la tutela dei più fragili e bisognosi. A tale scopo lodo e incoraggio il reciproco impegno a improntare ogni collaborazione alla luce e nel pieno rispetto del Concordato del 1984.
Come purtroppo appare evidente, viviamo tempi in cui, assieme a tanti segni di speranza, molte sono le situazioni di grave sofferenza che feriscono l’umanità a livello mondiale e richiedono risposte urgenti e al tempo stesso lungimiranti.
Il primo impegno che, in proposito, desidero richiamare, è quello per la pace. Sono numerose le guerre che devastano il nostro pianeta, e guardando le immagini, leggendo le notizie, ascoltando le voci, incontrando le persone che ne sono dolorosamente colpite riecheggiano forti e profetiche le parole dei miei Predecessori. Come non ricordare il monito inoppugnabile quanto ignorato di Benedetto XV, durante il primo conflitto mondiale (cfr Lettera ai Capi dei Popoli belligeranti, 1° Agosto 1917)? E, alla vigilia del secondo, quello del Venerabile Pio XII (cfr Radiomessaggio ai Governanti e ai Popoli nell’imminente pericolo della guerra, 24 agosto 1939)? Guardiamo i volti di quanti sono travolti dalla ferocia irrazionale di chi senza pietà pianifica morte e distruzione. Ascoltiamo il loro grido e ricordiamo, con il santo Papa Giovanni XXIII, che «ogni essere umano è persona, cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili» (Lett. enc. Pacem in terris, 11 aprile 1963, 5). Rinnovo pertanto l’appello accorato affinché si continui a lavorare per ristabilire la pace in ogni parte del mondo e perché sempre più si coltivino e si promuovano i principi di giustizia, di equità e di cooperazione tra i popoli che ne sono irrinunciabilmente alla base (cfr S. Paolo VI, Messaggio per la celebrazione della I Giornata della Pace, 1° gennaio 1968).
In merito, esprimo il mio apprezzamento per l’impegno del Governo italiano in favore di tante situazioni di disagio legate alla guerra e alla miseria, in particolare nei confronti dei bambini di Gaza, anche in collaborazione con l’Ospedale Bambino Gesù. Si tratta di contributi forti ed efficaci per la costruzione di una convivenza dignitosa, pacifica e prospera per tutti i membri della famiglia umana.
A tale finalità, poi, giova certamente il comune impegno che lo Stato Italiano e la Santa Sede hanno sempre profuso e continuano a porre in favore del multilateralismo. Si tratta di un valore importantissimo. Le sfide complesse del nostro tempo, infatti, rendono quanto mai necessario che si ricerchino e si adottino soluzioni condivise. Perciò è indispensabile implementarne dinamiche e processi, richiamandone gli obiettivi originari, volti principalmente a risolvere i conflitti e a favorire lo sviluppo (cfr Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti, 3 ottobre 2020, 172), promuovendo linguaggi trasparenti ed evitando ambiguità che possono provocare divisioni (cfr Id., Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico, 9 gennaio 2025).
Ci prepariamo a celebrare, nell’anno a venire, un importante anniversario: l’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, il 3 ottobre 1226. Questo ci offre l’occasione per porre un accento sull’urgente questione della cura della “casa comune”. San Francesco ci ha insegnato a lodare il Creatore nel rispetto di tutte le creature, lanciando il suo messaggio dal “cuore geografico” della Penisola e facendolo giungere, per la bellezza dei suoi scritti e la testimonianza sua e dei suoi frati, attraverso le generazioni fino a noi. Per questo, ritengo che l’Italia abbia ricevuto in modo speciale la missione di trasmettere ai popoli la cultura che riconosce la terra «come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia» (Francesco, Lett. enc. Laudato si’, 1).
Negli ultimi decenni assistiamo in Europa, come sappiamo, al fenomeno di un notevole calo della natalità. Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti. “Padre”, “madre”, “figlio”, “figlia”, “nonno”, “nonna”, sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano naturalmente sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l’importanza di garantire a tutte le famiglie il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità. Facciamo tutto il possibile per dare fiducia alle famiglie, soprattutto alle giovani famiglie, perché possano guardare serenamente al futuro e crescere in armonia.

In questo quadro si inscrive la fondamentale importanza, ad ogni livello, del rispetto e della tutela della vita, in tutte le sue fasi, dal concepimento all’età avanzata, fino al momento della morte (cfr Francesco, Discorso all’assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, 27 settembre 2021). Auspico che continui a crescere questa sensibilità, anche per ciò che riguarda l’accessibilità delle cure mediche e dei medicinali, secondo le necessità di ciascuno.
Esprimo gratitudine per l’assistenza che questo Paese offre con grande generosità ai migranti, che sempre più bussano alle sue porte, come pure il suo impegno nella lotta contro il traffico di esseri umani. Si tratta di sfide complesse dei nostri tempi, di fronte alle quali l’Italia non si è mai tirata indietro. Incoraggio a mantenere sempre vivo l’atteggiamento di apertura e solidarietà. Al tempo stesso vorrei richiamare l’importanza di una costruttiva integrazione di chi arriva nei valori e nelle tradizioni della società italiana, perché il dono reciproco che si realizza in questo incontro di popoli sia veramente per l’arricchimento e il bene di tutti. In proposito, sottolineo quanto sia prezioso, per ciascuno, amare e comunicare la propria storia e cultura, con i suoi segni e le sue espressioni: più si riconosce e si ama serenamente ciò che si è, più è facile incontrare e integrare l’altro senza paura e a cuore aperto.
In proposito, c’è una certa tendenza, in questi tempi, a non apprezzare abbastanza, a vari livelli, modelli e valori maturati nei secoli che segnano la nostra identità culturale, addirittura a volte pretendendo di cancellarne la rilevanza storica e umana. Non disprezziamo ciò che i nostri padri hanno vissuto e ciò che ci hanno trasmesso, anche a costo di grandi sacrifici. Non lasciamoci affascinare da modelli massificanti e fluidi, che promuovono solo una parvenza di libertà, per rendere poi invece le persone dipendenti da forme di controllo come le mode del momento, le strategie di commercio o altro (cfr Card. Joseph Ratzinger, Omelia nella Messa pro eligendo Romano Pontifice, 18 aprile 2005). Avere a cuore la memoria di chi ci ha preceduto, far tesoro delle tradizioni che ci hanno portato ad essere ciò che siamo è importante per guardare al presente e al futuro con consapevolezza, serenità, responsabilità e senso di prospettiva.
Signor Presidente, a Lei e, in Lei, a tutto il Popolo italiano voglio esprimere, in conclusione, il mio più vivo augurio di ogni bene. L’Italia è un Paese di una ricchezza immensa, spesso umile e nascosta, e che perciò talvolta ha bisogno di essere scoperta e riscoperta. È questa la bella avventura in cui incoraggio tutti gli italiani a lanciarsi, per attingervi speranza e affrontare con fiducia le sfide presenti e future. Grazie.

