Papa Leone XIV: Se desideri veramente qualcosa, fai di tutto per poterlo raggiungere, anche quando gli altri ti rimproverano, ti umiliano e ti dicono di lasciar perdere

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Cosa possiamo fare quando ci troviamo in una situazione che sembra senza via d’uscita? Bartimeo ci insegna a fare appello alle risorse che ci portiamo dentro e che fanno parte di noi. Lui è un mendicante, sa chiedere, anzi, può gridare! Se desideri veramente qualcosa, fai di tutto per poterlo raggiungere, anche quando gli altri ti rimproverano, ti umiliano e ti dicono di lasciar perdere. Se lo desideri davvero, continua a gridare!

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.00 in Piazza San Pietro dove Papa Leone XIV ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa – riprendendo il ciclo di catechesi che si svolge lungo l’intero Anno Giubilare, “Gesù Cristo nostra speranza” – ha incentrato la sua meditazione sul tema Bartimeo. «Coraggio! Alzati, ti chiama!» (Mc 10,49-52).

Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti. Quindi ha assicurato la sua preghiera per le vittime della tragedia avvenuta nella scuola di Graz, in Austria.

L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. II. La vita di Gesù. Le parabole. 9. Bartimeo. «Coraggio! Alzati, ti chiama!» (Mc 10,49)

Cari fratelli e sorelle,

con questa catechesi vorrei portare il nostro sguardo su un altro aspetto essenziale della vita di Gesù, cioè sulle sue guarigioni. Per questo vi invito a mettere davanti al Cuore di Cristo le vostre parti più doloranti o fragili, quei luoghi della vostra vita dove vi sentite fermi e bloccati. Chiediamo al Signore con fiducia di ascoltare il nostro grido e di guarirci!

Il personaggio che ci accompagna in questa riflessione ci aiuta a capire che non bisogna mai abbandonare la speranza, anche quando ci sentiamo perduti. Si tratta di Bartimeo, un uomo cieco e mendicante, che Gesù incontrò a Gerico (cfr Mc 10,40-52). Il luogo è significativo: Gesù sta andando a Gerusalemme, ma inizia il suo viaggio, per così dire, dagli “inferi” di Gerico, città che sta sotto il livello del mare. Gesù, infatti, con la sua morte, è andato a riprendere quell’Adamo che è caduto in basso e che rappresenta ognuno di noi.

Bartimeo significa “figlio di Timeo”: descrive quell’uomo attraverso una relazione, eppure lui è drammaticamente solo. Questo nome, però, potrebbe anche significare “figlio dell’onore” o “dell’ammirazione”, esattamente al contrario della situazione in cui si trova. [1] E poiché il nome è così importante nella cultura ebraica, vuol dire che Bartimeo non riesce a vivere ciò che è chiamato a essere.

A differenza poi del grande movimento di gente che cammina dietro a Gesù, Bartimeo è fermo. L’Evangelista dice che è seduto lungo la strada, dunque ha bisogno di qualcuno che lo rimetta in piedi e lo aiuti a riprendere il cammino.

Cosa possiamo fare quando ci troviamo in una situazione che sembra senza via d’uscita? Bartimeo ci insegna a fare appello alle risorse che ci portiamo dentro e che fanno parte di noi. Lui è un mendicante, sa chiedere, anzi, può gridare! Se desideri veramente qualcosa, fai di tutto per poterlo raggiungere, anche quando gli altri ti rimproverano, ti umiliano e ti dicono di lasciar perdere. Se lo desideri davvero, continua a gridare!

Il grido di Bartimeo, riportato dal Vangelo di Marco – «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» (v. 47) – è diventato una preghiera assai nota nella tradizione orientale, che anche noi possiamo utilizzare: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore».

Bartimeo è cieco, ma paradossalmente vede meglio degli altri e riconosce chi è Gesù! Davanti al suo grido, Gesù si ferma e lo fa chiamare (cfr v. 49), perché non c’è nessun grido che Dio non ascolti, anche quando non siamo consapevoli di rivolgerci a lui (cfr Es 2,23). Sembra strano che, davanti a un uomo cieco, Gesù non vada subito da lui; ma, se ci pensiamo, è il modo per riattivare la vita di Bartimeo: lo spinge a rialzarsi, si fida della sua possibilità di camminare. Quell’uomo può rimettersi in piedi, può risorgere dalle sue situazioni di morte. Ma per fare questo deve compiere un gesto molto significativo: deve buttare via il suo mantello (cfr v. 50)!

Per un mendicante, il mantello è tutto: è la sicurezza, è la casa, è la difesa che lo protegge. Persino la legge tutelava il mantello del mendicante e imponeva di restituirlo alla sera, qualora fosse stato preso in pegno (cfr Es 22,25). Eppure, molte volte, quello che ci blocca sono proprio le nostre apparenti sicurezze, quello che ci siamo messi addosso per difenderci e che invece ci sta impedendo di camminare. Per andare da Gesù e lasciarsi guarire, Bartimeo deve esporsi a Lui in tutta la sua vulnerabilità. Questo è il passaggio fondamentale per ogni cammino di guarigione.

Anche la domanda che Gesù gli pone sembra strana: «Che cosa vuoi che io faccia per te?» (v. 51). Ma, in realtà, non è scontato che noi vogliamo guarire dalle nostre malattie, a volte preferiamo restare fermi per non assumerci responsabilità. La risposta di Bartimeo è profonda: usa il verbo anablepein, che può significare “vedere di nuovo”, ma che potremmo tradurre anche con “alzare lo sguardo”. Bartimeo, infatti, non vuole solo tornare a vedere, vuole ritrovare anche la sua dignità! Per guardare in alto, occorre rialzare la testa. A volte le persone sono bloccate perché la vita le ha umiliate e desiderano solo ritrovare il proprio valore.

Ciò che salva Bartimeo, e ciascuno di noi, è la fede. Gesù ci guarisce perché possiamo diventare liberi. Egli non invita Bartimeo a seguirlo, ma gli dice di andare, di rimettersi in cammino (cfr v. 52). Marco però conclude il racconto riferendo che Bartimeo prese a seguire Gesù: ha scelto liberamente di seguire colui che è la Via!

Cari fratelli e sorelle, portiamo con fiducia davanti a Gesù le nostre malattie, e anche quelle dei nostri cari, portiamo il dolore di quanti si sentono persi e senza via d’uscita. Gridiamo anche per loro, e siamo certi che il Signore ci ascolterà e si fermerà.

[1] È l’interpretazione data anche da Agostino ne Il consenso degli evangelisti, 2, 65, 125: PL 34, 1138.

Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime della tragedia avvenuta nella scuola di Graz. Sono vicino alle famiglie, agli insegnanti, e ai compagni di scuola. Il Signore accolga nella sua pace questi suoi figli.

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto il pellegrinaggio dei Dottori commercialisti ed Esperti contabili italiani e internazionali. Voi svolgete un ruolo significativo nella gestione delle risorse finanziarie e nel supporto a imprese e singoli cittadini. Vi incoraggio a realizzare la vostra opera con integrità e responsabilità, contribuendo al benessere della società e alla crescita economica in modo etico e giusto.

Saluto inoltre le Suore della Santa Croce di Menzingen, che celebrano il Capitolo Generale; le Suore di Carità di Nostra Signora del buono e perpetuo soccorso; i Fratelli Maristi delle Scuole; le Suore dell’Unione Internazionale Superiore Generali. Possa questo incontro col Successore di Pietro esservi di stimolo a continuare con fervore nel vostro cammino di fede, così da realizzare comunità capaci di esprimere una incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi.

Accolgo con affetto il Movimento per l’Etica, la Cultura e lo Sport, come pure i fedeli di Sant’Elpidio a Mare, San Ferdinando di Puglia e Moliterno. Il Signore vi accompagni e vi renda discepoli coraggiosi al servizio del bene e del prossimo.

Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Domenica prossima celebreremo la solennità della Santissima Trinità. Auguro che la contemplazione del mistero trinitario vi introduca sempre più nell’Amore divino, per compiere in ogni circostanza la volontà del Signore.

A tutti la mia benedizione!

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