Papa Leone XIV: il Corpo e il Sangue di Cristo Sacrificio d’amore per la salvezza del mondo

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Il Creatore, che ci ha dato la vita, per salvarci ha chiesto a una sua creatura di essergli madre, di dargli un corpo fragile, limitato, mortale, come il nostro, affidandosi a lei come un bambino. Ha condiviso così fino in fondo la nostra povertà, scegliendo di servirsi, per riscattarci, proprio del poco che noi potevamo offrirgli (cfr Nicola Cabasilas, La vita in Cristo, IV, 3). Pensiamo a come è bello, quando facciamo un regalo – magari piccolo, proporzionato alle nostre possibilità – vedere che è apprezzato da chi lo riceve; come siamo contenti quando sentiamo che, pur nella sua semplicità, quel dono ci unisce ancora di più a quelli che amiamo. Ebbene, nell’Eucaristia, tra noi e Dio, avviene proprio questo: il Signore accoglie, santifica e benedice il pane e il vino che noi mettiamo sull’Altare, assieme all’offerta della nostra vita, e li trasforma nel Corpo e nel Sangue di Cristo, Sacrificio d’amore per la salvezza del mondo

Alle ore 12.00 di oggi, Solennità del Corpus Domini, Papa Leone XIV si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare la preghiera dell’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Oggi, in molti Paesi, si celebra la Solennità del Corpo e del Sangue di Cristo, il Corpus Domini, e il Vangelo racconta il miracolo dei pani e dei pesci (cfr Lc 9,11-17).

Per sfamare le migliaia di persone venute ad ascoltarlo e a chiedere guarigione, Gesù invita gli Apostoli a presentargli il poco che hanno, benedice i pani e i pesci e ordina loro di distribuirli a tutti. Il risultato è sorprendente: non solo ciascuno riceve cibo a sufficienza, ma ne avanza in abbondanza (cfr Lc 9,17).

Il miracolo, al di là del prodigio, è un “segno”, e ci ricorda che i doni di Dio, anche i più piccoli, crescono tanto più quanto più sono condivisi.

Noi però, leggendo tutto questo nel giorno del Corpus Domini, riflettiamo su una realtà ancora più profonda. Sappiamo infatti che, alla radice di ogni condivisione umana ce n’è una più grande, che la precede: quella di Dio nei nostri confronti. Lui, il Creatore, che ci ha dato la vita, per salvarci ha chiesto a una sua creatura di essergli madre, di dargli un corpo fragile, limitato, mortale, come il nostro, affidandosi a lei come un bambino. Ha condiviso così fino in fondo la nostra povertà, scegliendo di servirsi, per riscattarci, proprio del poco che noi potevamo offrirgli (cfr Nicola Cabasilas, La vita in Cristo, IV, 3).

Pensiamo a come è bello, quando facciamo un regalo – magari piccolo, proporzionato alle nostre possibilità – vedere che è apprezzato da chi lo riceve; come siamo contenti quando sentiamo che, pur nella sua semplicità, quel dono ci unisce ancora di più a quelli che amiamo. Ebbene, nell’Eucaristia, tra noi e Dio, avviene proprio questo: il Signore accoglie, santifica e benedice il pane e il vino che noi mettiamo sull’Altare, assieme all’offerta della nostra vita, e li trasforma nel Corpo e nel Sangue di Cristo, Sacrificio d’amore per la salvezza del mondo. Dio si unisce a noi accogliendo con gioia ciò che portiamo e ci invita ad unirci a Lui ricevendo e condividendo con altrettanta gioia il suo dono d’amore. In questo modo – dice S. Agostino – come dai «chicchi di grano, radunati insieme […] si forma un unico pane, così nella concordia della carità si forma un unico corpo di Cristo» (Sermo 229/A, 2).

Carissimi, stasera faremo la Processione Eucaristica. Celebreremo insieme la Santa Messa e poi ci metteremo in cammino, portando il Santissimo Sacramento attraverso le vie della nostra città. Canteremo, pregheremo e infine ci raccoglieremo davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore per implorare la Benedizione del Signore sulle nostre case, sulle nostre famiglie e su tutta l’umanità. Sia questa Celebrazione un segno luminoso del nostro impegno ad essere ogni giorno, partendo dall’Altare e dal Tabernacolo, portatori di comunione e di pace gli uni per gli altri, nella condivisione e nella carità.

Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,

si susseguono notizie allarmanti dal Medio Oriente, soprattutto dall’Iran. In questo scenario drammatico, che include Israele e Palestina, rischia di cadere in oblio la sofferenza quotidiana della popolazione, specialmente a Gaza e negli altri territori, dove l’urgenza di un adeguato sostegno umanitario si fa sempre più pressante.

Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace. È un grido che chiede responsabilità e ragione, e non dev’essere soffocato dal fragore delle armi e da parole retoriche che incitano al conflitto. Ogni membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale: fermare la tragedia della guerra, prima che essa diventi una voragine irreparabile. Non esistono conflitti “lontani” quando la dignità umana è in gioco.

La guerra non risolve i problemi, anzi li amplifica e produce ferite profonde nella storia dei popoli, che impiegano generazioni per rimarginarsi. Nessuna vittoria armata potrà compensare il dolore delle madri, la paura dei bambini, il futuro rubato.

Che la diplomazia faccia tacere le armi! Che le Nazioni traccino il loro futuro con opere di pace, non con la violenza e conflitti sanguinosi!

Saluto tutti voi, romani e pellegrini! Sono lieto di salutare i Parlamentari e i Sindaci qui presenti in occasione del Giubileo dei Governanti e degli Amministratori.

Saluto i fedeli di Bogotá e Sampués in Colombia; quelli venuti dalla Polonia, tra cui alunni e insegnanti di un Istituto tecnico di Cracovia; la Banda musicale di Strengberg, in Austria; i fedeli di Hannover, in Germania; i cresimandi di Gioia Tauro e i ragazzi di Tempio Pausania.

A tutti auguro una buona domenica, e benedico coloro che oggi partecipano attivamente alla festa del Corpus Domini, anche con il canto, la musica, le infiorate, l’artigianato e, soprattutto, con la preghiera e la processione. Grazie a tutti e buona domenica!

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