Il Papa alla Fao: Non possiamo limitarci a proclamare valori. Dobbiamo incarnarli

È giunto il momento, allora, di chiederci con lucidità e coraggio: le generazioni future meritano un mondo incapace di sradicare definitivamente la fame e la povertà? È possibile che non si riesca a porre fine a tante azioni arbitrarie e laceranti che incidono negativamente sulla famiglia umana? I leader politici e sociali possono rimanere polarizzati, sprecando tempo e risorse in discussioni inutili e virulente, mentre coloro che dovrebbero servire continuano a essere dimenticati e strumentalizzati per interessi di parte? Non possiamo limitarci a proclamare valori. Dobbiamo incarnarli. Gli slogan non possono sollevarci dalla miseria. Abbiamo urgente bisogno di superare un paradigma politico così aspro, basato su una visione etica che prevalga sull’attuale pragmatismo che sostituisce le persone con il profitto. Non basta invocare la solidarietà: dobbiamo garantire la sicurezza alimentare, l’accesso alle risorse e uno sviluppo rurale sostenibile.
Questa mattina, Papa Leone XIV si è recato in visita alla Sede della FAO in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione e della Celebrazione dell’80° Anniversario della fondazione dell’Organizzazione.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:
Signor Direttore Generale,
Illustri Autorità,
Eccellenze,
Signore e signori,
1. Permettetemi, anzitutto, di esprimere la mia più cordiale gratitudine per l’invito a condividere con tutti voi questa giornata memorabile. Visito questa prestigiosa sede seguendo l’esempio dei miei predecessori sulla Cattedra di Pietro , che hanno accordato alla FAO speciale stima e vicinanza, consapevoli dell’importante mandato di questa organizzazione internazionale.
Saluto tutti i presenti con grande rispetto e deferenza e, attraverso di voi, come servitore del Vangelo, esprimo a tutti i popoli della terra il mio più fervido desiderio che la pace regni ovunque. Il cuore del Papa, che non appartiene a lui stesso, ma alla Chiesa e, in un certo senso, all’intera umanità, mantiene viva la fiducia che, se la fame sarà sconfitta, la pace sarà il terreno fertile da cui nascerà il bene comune di tutte le nazioni.
Ottant’anni dopo la fondazione della FAO, la nostra coscienza deve nuovamente interrogarci di fronte alla tragedia sempre attuale della fame e della malnutrizione. Porre fine a questi mali non è solo responsabilità di imprenditori, funzionari pubblici o responsabili politici. È un problema alla cui soluzione dobbiamo tutti contribuire: agenzie internazionali, governi, istituzioni pubbliche, ONG, enti accademici e società civile, senza dimenticare ogni individuo, che deve vedere nella sofferenza altrui qualcosa di proprio. Chi soffre la fame non è uno sconosciuto. È mio fratello e mia sorella, e devo aiutarlo senza indugio.
2. L’obiettivo che ci unisce ora è tanto nobile quanto ineludibile: mobilitare tutte le energie disponibili, in spirito di solidarietà, affinché a nessuno al mondo manchi il cibo necessario, sia in quantità che in qualità. In questo modo, porremo fine a una situazione che nega la dignità umana, mette a repentaglio uno sviluppo auspicabile, costringe ingiustamente moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case e ostacola la comprensione tra i popoli. Fin dalla sua fondazione, la FAO ha instancabilmente orientato il suo servizio a rendere lo sviluppo agricolo e la sicurezza alimentare obiettivi prioritari della politica internazionale. A questo proposito, cinque anni dopo la realizzazione dell’Agenda 2030 , dobbiamo ricordare con forza che raggiungere Fame Zero sarà possibile solo se ci sarà una reale volontà di farlo, e non solo solenni dichiarazioni. Per questo motivo, con rinnovata urgenza, oggi siamo chiamati a rispondere a una domanda fondamentale: a che punto siamo nella lotta contro il flagello della fame che continua a flagellare atrocemente una parte significativa dell’umanità?
3. È necessario, ed estremamente triste, ricordare che, nonostante i progressi tecnologici, scientifici e produttivi, 673 milioni di persone nel mondo vanno a letto senza mangiare. E altri 2,3 miliardi non possono permettersi cibo nutrizionalmente adeguato. Queste cifre non possono essere liquidate come semplici statistiche: dietro ognuno di questi numeri c’è una vita interrotta, una comunità vulnerabile; ci sono madri che non possono nutrire i propri figli. Forse il dato più toccante è quello dei bambini che soffrono di malnutrizione, con le conseguenti malattie e il ritardo dello sviluppo motorio e cognitivo. Non si tratta di una coincidenza, ma di un chiaro segno di un’insensibilità prevalente, di un’economia senz’anima, di un modello di sviluppo discutibile e di un sistema di distribuzione delle risorse ingiusto e insostenibile. In un’epoca in cui la scienza ha allungato l’aspettativa di vita, la tecnologia ha avvicinato i continenti e la conoscenza ha aperto orizzonti prima inimmaginabili, permettere a milioni di esseri umani di vivere – e morire – colpiti dalla fame è un fallimento collettivo, un’aberrazione etica, una colpa storica.
4. Gli attuali scenari di conflitto hanno portato a una rinascita dell’uso del cibo come arma di guerra, contraddicendo tutto il lavoro di sensibilizzazione svolto dalla FAO negli ultimi otto decenni. Il consenso espresso dagli Stati che considera la fame deliberata un crimine di guerra, così come la negazione intenzionale dell’accesso al cibo a intere comunità o popoli, sembra sempre più lontano. Il diritto internazionale umanitario proibisce, senza eccezioni, di attaccare civili e oggetti essenziali per la sopravvivenza delle popolazioni. Alcuni anni fa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato all’unanimità questa pratica, riconoscendo il legame tra conflitto armato e insicurezza alimentare e stigmatizzando l’uso della fame inflitta ai civili come metodo di guerra [1]. Ciò sembra dimenticato, mentre assistiamo dolorosamente al continuo utilizzo di questa strategia crudele, che condanna uomini, donne e bambini alla fame, negando loro il diritto più elementare: il diritto alla vita. Tuttavia, il silenzio di chi muore di fame grida nella coscienza di tutti, anche se spesso viene ignorato, taciuto o distorto. Non possiamo continuare così, perché la fame non è il destino dell’uomo, ma la sua rovina. Rafforziamo, quindi, il nostro entusiasmo per porre rimedio a questo scandalo! Non soffermiamoci sull’idea che la fame sia solo un problema da risolvere. Piuttosto, è un grido che sale al cielo e richiede una risposta rapida da parte di ogni nazione, di ogni organizzazione internazionale, di ogni entità regionale, locale o privata. Nessuno può essere escluso dalla lotta incessante contro la fame. Questa battaglia appartiene a tutti.
5. Eccellenze, oggi assistiamo a paradossi inauditi. Come possiamo continuare a tollerare lo spreco di enormi quantità di cibo mentre moltitudini di persone faticano a trovare qualcosa da mangiare nella spazzatura? Come possiamo spiegare le disuguaglianze che permettono a pochi di avere tutto e a molti di non avere nulla? Come non fermare immediatamente le guerre che distruggono le campagne prima delle città, fino a creare scene indegne della condizione umana, in cui la vita delle persone, e soprattutto quella dei bambini, invece di essere curata, svanisce alla ricerca di cibo, con la pelle attaccata alle ossa? Contemplando l’attuale panorama mondiale, così doloroso e desolato a causa dei conflitti che lo affliggono, si ha l’impressione di essere diventati testimoni apatici di una violenza straziante, quando, in realtà, le note tragedie umanitarie dovrebbero spingerci a essere artigiani di pace, armati del balsamo curativo di cui hanno bisogno le ferite aperte nel cuore stesso dell’umanità. Questo spargimento di sangue dovrebbe immediatamente attirare la nostra attenzione e indurci a raddoppiare la nostra responsabilità individuale e collettiva, risvegliandoci dal terribile letargo in cui siamo spesso immersi. Il mondo non può continuare ad assistere a spettacoli macabri come quelli che si stanno verificando in molte regioni della Terra. Bisogna porvi fine il prima possibile.
È giunto il momento, allora, di chiederci con lucidità e coraggio: le generazioni future meritano un mondo incapace di sradicare definitivamente la fame e la povertà? È possibile che non si riesca a porre fine a tante azioni arbitrarie e laceranti che incidono negativamente sulla famiglia umana? I leader politici e sociali possono rimanere polarizzati, sprecando tempo e risorse in discussioni inutili e virulente, mentre coloro che dovrebbero servire continuano a essere dimenticati e strumentalizzati per interessi di parte? Non possiamo limitarci a proclamare valori. Dobbiamo incarnarli. Gli slogan non possono sollevarci dalla miseria. Abbiamo urgente bisogno di superare un paradigma politico così aspro, basato su una visione etica che prevalga sull’attuale pragmatismo che sostituisce le persone con il profitto. Non basta invocare la solidarietà: dobbiamo garantire la sicurezza alimentare, l’accesso alle risorse e uno sviluppo rurale sostenibile.
6. A questo proposito, considero un vero successo che la Giornata Mondiale dell’Alimentazione si celebri quest’anno con il tema: “Mano nella mano per un cibo migliore e un futuro migliore “. In un momento storico segnato da profonde divisioni e contraddizioni, sentirsi uniti dal vincolo della collaborazione non è solo un bel ideale, ma un fermo invito all’azione. Non possiamo accontentarci di riempire le pareti con grandi manifesti accattivanti. È giunto il momento di un impegno rinnovato, che abbia un impatto positivo sulla vita di quanti hanno lo stomaco vuoto e si aspettano da noi gesti concreti che li sollevino dalla loro prostrazione. Questo obiettivo può essere raggiunto solo attraverso la convergenza di politiche efficaci e l’attuazione coordinata e sinergica degli interventi. L’esortazione a camminare insieme in fraterna armonia deve diventare il principio guida che orienta politiche e investimenti, perché solo attraverso una cooperazione sincera e costante possiamo costruire una sicurezza alimentare equa e accessibile per tutti. Solo unendo le forze possiamo costruire un futuro dignitoso, in cui la sicurezza alimentare sia riaffermata come un diritto e non come un privilegio. Con questa convinzione, vorrei sottolineare che, nella lotta contro la fame e nella promozione dello sviluppo integrale, il ruolo delle donne è indispensabile, anche se non sempre sufficientemente apprezzato. Le donne sono le prime a prendersi cura del pane mancante, a seminare speranza nei solchi della terra, a impastare il futuro con mani callose dalla fatica. In ogni angolo del mondo, le donne sono le silenziose artefici della sopravvivenza, le metodiche custodi del creato. Riconoscere e valorizzare il loro ruolo non è solo una questione di giustizia, ma è garanzia di un’alimentazione più umana e sostenibile.
7. Eccellenze, consapevoli della portata di questo consesso internazionale, vorrei sottolineare inequivocabilmente l’importanza del multilateralismo di fronte alle tentazioni dannose che tendono a presentarsi come autocratiche in un mondo multipolare e sempre più interconnesso. È quindi più che mai necessario ripensare con coraggio le modalità della cooperazione internazionale. Non si tratta solo di individuare strategie o di fare diagnosi dettagliate. Ciò che i Paesi più poveri attendono con speranza è che le loro voci siano ascoltate senza filtri, che le loro carenze siano veramente riconosciute e che venga loro offerta un’opportunità, affinché si possa contare su di loro quando si tratta di risolvere i loro veri problemi, senza imporre soluzioni inventate in uffici distanti, in riunioni dominate da ideologie che spesso ignorano culture ancestrali, tradizioni religiose o costumi profondamente radicati nella saggezza degli anziani. È imperativo costruire una visione che consenta a ogni attore sulla scena internazionale di rispondere in modo più efficace e tempestivo ai bisogni autentici di coloro che siamo chiamati a servire attraverso il nostro impegno quotidiano.
8. Oggi non possiamo più illuderci che le conseguenze dei nostri fallimenti colpiscano solo coloro che sono nascosti alla vista. I volti affamati di tanti che ancora soffrono ci interpellano e ci invitano a riesaminare i nostri stili di vita, le nostre priorità e il nostro modo complessivo di vivere nel mondo di oggi. Proprio per questo motivo, desidero portare all’attenzione di questo consesso internazionale le moltitudini che non hanno accesso all’acqua potabile, al cibo, alle cure mediche essenziali, a un alloggio dignitoso, all’istruzione di base o a un lavoro dignitoso, affinché possiamo condividere il dolore di quanti si nutrono solo di disperazione, lacrime e miseria. Come non ricordare tutti coloro che sono condannati alla morte e alle difficoltà in Ucraina, Gaza, Haiti, Afghanistan, Mali, Repubblica Centrafricana, Yemen e Sud Sudan, per citare solo alcuni luoghi del pianeta dove la povertà è diventata il pane quotidiano di tanti nostri fratelli e sorelle? La comunità internazionale non può voltarsi dall’altra parte. Dobbiamo fare nostra la loro sofferenza.
Non possiamo aspirare a una vita sociale più giusta se non siamo disposti a liberarci dall’apatia che giustifica la fame come se fosse una musica di sottofondo a cui ci siamo abituati, un problema irrisolvibile o semplicemente una responsabilità altrui. Non possiamo pretendere che gli altri agiscano se noi stessi non rispettiamo i nostri impegni. Con la nostra omissione, diventiamo complici della promozione dell’ingiustizia. Non possiamo sperare in un mondo migliore, in un futuro luminoso e pacifico, se non siamo disposti a condividere ciò che noi stessi abbiamo ricevuto. Solo allora potremo affermare – con verità e coraggio – che nessuno è stato lasciato indietro.
9. Invoco su tutti voi riuniti qui oggi – la FAO e i suoi funzionari, che vi impegnate quotidianamente ad adempiere alle vostre responsabilità con virtù e a dare l’esempio – le benedizioni di Dio, che si prende cura dei poveri, degli affamati e degli indifesi. Possa Dio rinnovare in ciascuno di noi quella speranza che non delude (cfr Rm 5,5). Le sfide che ci attendono sono immense, ma lo sono anche il nostro potenziale e le possibili linee d’azione! La fame ha molti nomi e grava sull’intera famiglia umana. Ogni persona umana ha fame non solo di pane, ma anche di tutto ciò che consente la maturità e la crescita verso la felicità per la quale ogni cosa è stata creata. C’è una fame di fede, speranza e amore che deve essere incanalata nella risposta globale che siamo chiamati a realizzare insieme . Ciò che Gesù disse ai suoi discepoli di fronte a una folla affamata rimane una sfida fondamentale e urgente per la comunità internazionale: «Date loro voi stessi da mangiare» ( Mc 6,37). Con il piccolo contributo dei discepoli, Gesù compì un grande miracolo. Non stancatevi, dunque, di chiedere oggi a Dio il coraggio e l’energia per continuare a lavorare per una giustizia che produca risultati duraturi e benefici. Nel proseguire i vostri sforzi, potrete sempre contare sulla solidarietà e sull’impegno, l’impegno della Santa Sede e delle istituzioni della Chiesa cattolica, pronte a uscire e a servire i più poveri e svantaggiati in tutto il mondo.
Grazie mille.
