A Sua Immagine Rai Uno “La speranza sotto assedio” Papa Francesco a colloquio con Lorena Bianchetti

Di seguito il testo intero dell’intervista per lo speciale del Venerdì Santo a Sua Immagine Rai Uno “La speranza sotto assedio” Papa Francesco a colloquio con Lorena Bianchetti

Lorena Bianchetti: Santità, intanto grazie, perché sono qui a nome di tutte quelle persone che in questo momento stanno vivendo stati d’animo complessi: di smarrimento, di angoscia, di paura, di sofferenza. Parto da un orario: le tre, le tre del pomeriggio. Gesù muore sulla croce e muore da innocente. Sono tantissime le persone innocenti che non vogliono la guerra ma che la subiscono. Sono di questi giorni le immagini di corpi senza vita sulla strada, si parla addirittura di forni crematori ambulanti, ma anche di stupri, devastazioni, barbarie.

Che cosa sta succedendo all’umanità, Santità?

Santo Padre: Ma non è una novità, cara. Uno scrittore diceva che “Gesù Cristo è in agonia fino alla fine del mondo”, è in agonia nei suoi figli, nei suoi fratelli, soprattutto nei poveri, negli emarginati, nella povera gente che non può difendersi. A noi, in questo momento, in Europa, ci colpisce tanto questa guerra. Ma guardiamo un po’ più lontano. Il mondo è in guerra, il mondo è in guerra! Siria, lo Yemen, poi pensa ai Rohingya cacciati via, senza patria. Dappertutto c’è guerra. Il genocidio del Ruanda 25 anni fa. Perché il mondo ha scelto – è duro dirlo – ma ha scelto lo schema di Caino e la guerra è mettere in atto il cainismo, cioè uccidere il fratello.

Lorena Bianchetti: E proprio perché esiste il bene ed esiste il male lei più volte ci ha messo in guardia dal modo in cui il male agisce. Ci ha detto che il demonio si presenta in modo gentile, ci lusinga, ma in realtà il male vuole solo  il nostro fallimento: con il demonio non si dialoga. E allora le chiedo, proprio alla luce di quanto stava dicendo, come si possono trovare forme di mediazione, forme di dialogo con chi, o comunque, con coloro che desiderano e inseguono soltanto la sopraffazione?

Santo Padre: Quando io dico col demonio non si dialoga è perché il demonio è il male, senza niente di buono! Diciamo è come il male assoluto. Colui che si è ribellato contro Dio totalmente! Ma con le persone che sono ammalate, che hanno questa malattia dell’odio si parla, si dialoga e Gesù dialogava con tanti peccatori, persino fino a Giuda alla fine “amico”, sempre con la tenerezza perché tutti noi abbiamo sempre con lo spirito del Signore che Lui ha seminato in noi qualcosa di buono. E quando io sono davanti [a] una persona e ho sempre  – tutti noi diciamo, questo lo dico diversamente – quando noi siamo davanti [a] una persona dobbiamo pensare a cosa parlo di questa persona: alla parte brutta o alla parte nascosta, più buona. Tutti noi abbiamo qualcosa di buono, tutti! È proprio il sigillo di Dio in noi. Mai dobbiamo dare per finita una vita no… finita nel male, dire “Questo è un condannato”. Mi viene alla mente quella signora che è andata a confessarsi col curato d’Ars perché il marito si era buttato giù dal ponte. Il curato la sentì, piangeva. “Quello che mi rode di più è che è nell’inferno”. “Si fermi”- le ha detto. “Fra il ponte e il fiume c’è la misericordia di Dio”. Sempre Dio cerca di salvarci fino alla fine, perché lui ha seminato in noi la parte di buono. Anche a Caino l’aveva seminata, Abele e Caino, ma Caino ha fatto un’azione per la violenza e con questa azione che si fa una guerra.

Lorena Bianchetti: Però, secondo lei, anche dal punto di vista culturale c’è sufficiente impegno – dico anche a livello ecclesiale non solo culturale quindi -, c’è sufficiente impegno nel mettere in guardia le persone dalla tentazione di cadere e di vivere l’inferno nel cuore già su questa terra? Le dico questo perché a volte viviamo in una società in cui sembra che il diabolico sia decisamente più affascinante, più stimolante rispetto al buono, l’onesto, il gentile e anche lo spirituale, che appare e viene proposto come noioso.

Santo Padre: Sì, è vero questo. Il male è più seduttore. Tornando al demonio qualcuno dice che io parlo troppo del demonio. Ma è una realtà. Io ci credo, eh! Alcuni dicono: “No, è un mito”. Io non vado col mito, vado con la realtà, ci credo. Ma è seduttore. La seduzione cerca sempre di entrare, promettere qualcosa. Se i peccati fossero brutti, non avessero qualcosa di bello, nessuno peccherebbe.  Il demonio ti presenta qualcosa di bello nel peccato e ti porta a peccare. Per esempio coloro che fanno la guerra, coloro che distruggono la vita degli altri, coloro che sfruttano la gente nel lavoro. L’altro giorno ho sentito una famiglia che raccontava che il papà, matrimonio ancora giovane, doveva lavorare come bracciante ma usciva il mattino più presto, tornava la sera, per poca cosa, sfruttato da una ditta miliardaria. Anche questo è una guerra. Anche questo è distruggere, non solo i carri armati, anche questa è una distruzione. Il demonio cerca sempre la distruzione di noi. Perché? Perché noi siamo l’immagine Dio. Torniamo all’inizio, le tre del pomeriggio. Gesù muore, muore solo. La solitudine più piena, abbandonato anche da Dio: “Perché mi hai abbandonato?”. La solitudine più piena, perché lui ha voluto scendere fino alla più brutta delle solitudini dell’uomo per tirarci su da lì. Lui torna presso il Padre, ma per primo è disceso, è in ogni persona sfruttata, che soffre le guerre, che soffre la distruzione, che soffre la tratta. Quante donne sono schiave della tratta, qui a Roma e nelle grandi città. È opera del male. È una guerra.

Lorena Bianchetti: Insomma, come diceva anche Dostoevskij nei Fratelli Karamazov: “La battaglia tra Dio e il demonio è proprio il cuore dell’Uomo” . È lì che si gioca la partita.

Santo Padre: È lì che si gioca. Per questo ci vuole quella mitezza, quella umiltà di dire a Dio: “Sono un peccatore, ma tu salvami, aiutami!”. Perché ognuno di noi ha dentro la possibilità di fare questo che fanno questi che distruggono gente, che sfruttano gente. Perché il peccato è una possibilità della nostra debolezza e anche della nostra superbia.

Lorena Bianchetti: Lei diceva prima, ricordava, la frase pronunciata da Gesù sulla croce: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” e questa frase traduce solitudine, ma anche sconforto, angoscia e quindi anche disperazione, lo stato d’animo che tutti quanti noi viviamo quando non sappiamo quale può essere la soluzione a un dolore, ma anche a un senso di colpa. Mi viene in mente, a proposito della disperazione, Santità, un’immagine di questa guerra – e lo dico da mamma – un papà che corre con in braccio il proprio figlio perché colpito dalle schegge di una bomba. Corrono lui e la moglie in ospedale, disperati. Le notizie che sono arrivate è che questo bambino purtroppo non ce l’ha fatta. Io non riesco ad immaginare una disperazione più straziante di quella di due genitori che perdono un figlio in questo modo. Che cosa si sente di dire loro? Cosa si sente di dire a quei genitori che vivono questa esperienza straziante?

Santo Padre: Sa, nella vita si impara. Io ho dovuto imparare tante cose e ancora devo imparare perché mi aspetto di vivere un po’ di più, ma devo imparare. E una delle cose che ho imparato è di non parlare quando qualcuno soffre. Sia un ammalato, sia una tragedia. Li prendo per mano, in silenzio. Ma quando ti vengono [a dire] e tu sei ammalato “No, ma lei qua, là, ma il Signore…”. Stai zitto! Stai zitto. Davanti al dolore: silenzio. E pianto. È vero che piangere è un dono di Dio, è un dono che noi dobbiamo chiedere: la grazia del pianto, davanti alle nostre debolezze, davanti alle debolezze e alle tragedie del mondo. Ma non ci sono le parole. Lei ha citato Dostoevskij. Mi viene [in mente] quel piccolo libretto, che è come un riassunto di tutta la sua filosofia, la sua teologia, tutto: Memorie dal sottosuolo. E lì c’è, quando muore qualcuno, muore uno – sono dei condannati, carcerati che sono in ospedale – muore uno lì e lo prendano e lo portano. E l’altro, dall’altro letto, dice: “Per favore, fermatevi! Questo anche aveva una mamma”. La figura della donna, la figura della mamma, davanti alla croce.  Questo è un messaggio, è un messaggio di Gesù per noi, è il messaggio della sua tenerezza nella mamma. Nel momento più brutto della sua vita Gesù non ha insultato.

Lorena Bianchetti: Visto che sta citando le donne, Santità, sotto la croce c’erano proprio le donne, sotto la croce di Gesù. C’è un’altra immagine che le voglio proporre. Ancora torniamo in Ucraina. Una donna incinta, trasportata su una barella perché ferita dalla guerra, trasportata in mezzo alle macerie, mentre cerca di accarezzare, con l’ultimo soffio di forze che le rimane, il grembo. Da quello che è arrivato, nemmeno questa donna con quel bambino ce l’ha fatta. Ma mi vengono in mente veramente le donne, la forza delle donne. Mi vengono in mente le mamme russe, mi vengono in mente le mamme ucraine. E allora le chiedo il ruolo delle donne: quanto è importante un ruolo attivo delle donne, nei tavoli delle trattative, per costruire concretamente la pace?

Santo Padre: “Le donne sono capaci di dare vita anche a un morto” è un modo di dire. Le donne sono nell’incrocio delle fatalità più grandi, sono lì, sono forti. È interessante. Gesù è lo sposo della Chiesa e la Chiesa è donna, per questo la madre Chiesa è così forte. Non parlo dei clericalismi, dei peccati della Chiesa. No, la madre Chiesa significa quella che è ai piedi della croce sostenendo noi peccatori. Una cosa che a me colpisce tanto, che mi fa pensare a Maria e alle altre donne ai piedi della croce. Alcune volte io dovevo andare in qualche parrocchia di una zona che si chiama Villa Devoto, a Buenos Aires, e prendevo il bus, l’86. Questo passa davanti al carcere e tante volte passavo e c’era la coda delle mamme dei detenuti, lì. Davano la faccia per i figli, perché ognuno che passava diceva: “Questa è la mamma di uno che sta dentro”. E tolleravano i controlli più vergognosi, ma per vedere il figlio. La forza di una donna, di una mamma che è capace di accompagnare i figli fino alla fine. E questa è Maria e le donne ai piedi della croce. È accompagnare il figlio, sapendo che tanta gente dice: “Ma questa come ha educato il figlio che è finito così?”. Chiacchiericcio subito. Ma le donne non si preoccupano: quando c’è un figlio di mezzo, quando c’è la vita di mezzo, le donne vanno avanti. Per questo quello che dice – dare il ruolo alle donne nei momenti difficili, nei momenti di tragedia -, è tanto importante, è tanto importante. Loro conoscono cosa è vita, cosa è preparare la vita e cosa è morte, lo sanno bene. Parlano quel linguaggio.

Lorena Bianchetti: E ci sono, Santità – anche perché stiamo parlando delle tante morti provocate dalla guerra – ci sono delle morti più silenziose, ma non meno cruenti. Penso a chi viene ucciso dalle mafie e penso alle donne uccise dai propri compagni. È vero che gli ultimi saranno i primi nel Cielo, ma come   queste persone e chi perde questo tipo di affetti, può credere in una giustizia, in una ricompensa già su questa terra?

Santo Padre: Lo sfruttamento delle donne è il pane nostro quotidiano. La violenza sulle donne è il pane nostro quotidiano. Donne che subiscono colpi, che subiscono violenza dai compagni e portano in silenzio questo o si allontanano senza dire il perché. Noi maschi sempre avremo la ragione: noi siamo i perfetti. E le donne sono condannate a tacere per la società. “No, ma questa è matta, questa è una peccatrice”. Quello che dicevano della Maddalena.“Ma guarda questa che ha fatto, questa è una peccatrice!”. “E tu non sei peccatore? Tu non sbagli?”. Ma le donne sono la riserva dell’umanità, io posso dire questo: ne sono convinto. Le donne sono la forza. E lì, ai piedi della croce, i discepoli scappati, le donne no, quelle che lo avevano seguito durante tutta la vita. E Gesù, nel cammino verso il Calvario, si ferma davanti un gruppo di donne che piangeva. Loro hanno la capacità di piangere, noi uomini siamo più brutti. E si ferma [e dice]: “Piangete per i vostri figli” perché ne faranno tante contro di loro.

Lorena Bianchetti: E in questo periodo, Santità, penso alla fuga: ci sono  queste immagini che raccontano della fuga degli ucraini che sono costretti a lasciare le loro terre, le loro case, i loro affetti. È uno degli ultimi esodi ai quali ci stiamo probabilmente, ahimè, abituando. Però, in questo caso, c’è stata una risposta concreta, vera. Una risposta che, glielo chiedo: secondo lei ha scalfito quei muri dell’indifferenza, del pregiudizio nei confronti di coloro che scappano da altre parti del mondo perché feriti dalla guerra o si continua a suddividere i rifugiati in fastidiose categorie?

Santo Padre: È vero. Si suddividono i rifugiati. Di prima classe, seconda classe, colore della pelle, [se] viene da un paese sviluppato [o da] uno che non è sviluppato. Noi siamo razzisti, siamo dei razzisti. E questo è brutto. Il problema dei rifugiati è un problema che anche Gesù l’ha sofferto, perché lui è stato migrante e rifugiato in Egitto quando era bambino, per sfuggire alla morte. Quanti di questi soffrono per fuggire dalla morte! C’è un’immagine della fuga in Egitto che ha fatto un pittore piemontese. Mi ha inviato e io ho fatto delle immaginette su questo: c’è Giuseppe con il bambino che fuggono. Ma non è San Giuseppe con la barba, no. È un siriano, di oggi, col bambino, che fugge dalla guerra di oggi. La faccia di angoscia che ha questa gente, come Gesù costretti a fuggire. E Gesù ha passato tutte queste cose, ma è lì. Sulla croce c’è la gente dei paesi dell’Africa in guerra, del Medioriente in guerra, dell’America latina in guerra, dell’Asia in guerra. Alcuni anni fa ho detto che stavamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi. Ma noi non abbiamo imparato. Io – sono un ministro del Signore e un peccatore, scelto dal Signore – ma, peccatore così, quando sono andato a Redipuglia nel 2014, per la commemorazione del centenario, ho visto e ho pianto. Mi è venuto solo il pianto. Tutti i giovani, tutti ragazzi. Poi un giorno sono andato al cimitero di Anzio e ho visto questi giovani che sono sbarcati ad Anzio. Tutti giovani! E ho pianto lì, un’altra volta. Mi viene il pianto davanti a questo. Due anni fa, credo, quando c’è stata la commemorazione dello sbarco in Normandia, ho visto i capi di governo, c’è stato una riunione… commemoravano questo. Ma perché non commemoriamo tutti noi i 30.000 soldati che sono caduti sulla spiaggia di Normandia? La guerra cresce con la vita dei nostri figli, dei nostri giovani. Per questo dico che la guerra è una mostruosità! Andiamo in questi cimiteri che sono proprio la vita di questa memoria. Pensiamo a quella scena che è scritta: barche che arrivavano in Normandia, aprivano, saltavano giù con i fucili i ragazzini e i tedeschi… (ndr il Santo Padre mima il gesto di sparare). 30.000, sulla spiaggia.

Lorena Bianchetti: E allora arrivo proprio alla corsa agli armamenti, a questo tema. Un tema che lei ha affrontato tante volte e al quale, forse, non sempre si è dato il gusto risalto. Perché lei ha detto che, negli ultimi tempi, si è investito più nelle armi piuttosto che nell’istruzione o nella formazione. Perché gli esseri umani non hanno appreso dal passato e continuano ad usare le armi per risolvere i loro problemi?

Santo Padre: Io capisco i governanti che comprano le armi, io li capisco. Non li giustifico, ma li capisco. Perché dobbiamo difenderci, perché [è] lo schema cainista di guerra. Se fosse uno schema di pace, questo non sarebbe necessario. Ma noi viviamo con questo schema demoniaco, [che dice] di uccidersi l’un l’altro per voglia di potere, per voglia di sicurezza, per voglia di tante cose. Ma io penso alle guerre nascoste, che nessuno vede, che sono lontane da noi. Tante. Pechè? Per sfruttare? Noi abbiamo dimenticato il linguaggio della pace: l’abbiamo dimenticato. Si parla di pace. Le Nazioni Unite hanno fatto di tutto, ma non hanno avuto successo. Ritorno al Calvario. Lì Gesù ha fatto di tutto. Ha cercato con pietà, con benevolenza, di convincere i dirigenti e [invece] no: guerra, guerra, guerra a lui! Alla mitezza oppongono la guerra per la sicurezza. “È meglio che un uomo muoia per il popolo”, dice il sommo sacerdote, perché al contrario i romani verrano. E la guerra.

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