Il Papa: Coltivare il proprio cuore richiede fatica. È il più grande lavoro

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Coltivare il proprio cuore richiede fatica. È il più grande lavoro. Ma scavando si trova, abbassandosi ci si avvicina sempre di più a quel Signore che spogliò sé stesso per farsi come noi. La sua Croce è sotto la crosta della nostra terra.

Possiamo camminare orgogliosi, calpestando distrattamente il tesoro che è sotto i nostri piedi. Se invece diventiamo come bambini, conosceremo un altro Regno, un’altra forza. Dio è sempre sotto di noi, per sollevarci in alto.

Alle ore 10.00 di questa mattina, in Piazza San Pietro, ha avuto luogo l’Udienza Giubilare nel corso della quale Papa Leone XIV ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli.

Nel discorso in lingua italiana il Papa ha incentrato la sua meditazione sul tema Sperare è scavare. Elena imperatrice (Lettura Mt 13,44).

Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti.

L’Udienza Giubilare si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

Catechesi. 1. Sperare è scavare. Elena imperatrice

 Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Benvenuti a tutti voi pellegrini, giunti a Roma da tanti luoghi diversi. In questa città ricca di storia noi possiamo venire confermati nella fede, nella carità e nella speranza. Oggi ci soffermeremo su un particolare aspetto della speranza.

Vorrei cominciare con un ricordo: da bambini, mettere le mani nella terra aveva un fascino speciale. Lo ricordiamo, e forse ancora lo osserviamo: ci fa bene osservare il gioco dei bambini! Scavare nella terra, rompere la crosta dura del mondo e vedere che cosa c’è sotto…

Quello che Gesù descrive nella parabola del tesoro nel campo (cfr Mt 13,44) non è più un gioco da bambini, eppure la gioia della sorpresa è la stessa. E il Signore ci dice: così è il Regno di Dio. Anzi: così si trova il Regno di Dio. La speranza si riaccende quando scaviamo e rompiamo la crosta della realtà, andiamo al di sotto della superficie.

Oggi vorrei ricordare con voi che, appena avuta la libertà di vivere da cristiani pubblicamente, i discepoli di Gesù cominciarono a scavare, in particolare nei luoghi della sua passione, morte e risurrezione. La Tradizione d’Oriente e d’Occidente ricorda Flavia Giulia Elena, madre dell’imperatore Costantino, come l’anima di quelle ricerche. Una donna che cerca. Una donna che scava. Il tesoro che accende la speranza è infatti la vita di Gesù: bisogna mettersi sulle sue tracce.

Quante altre cose avrebbe potuto fare un’imperatrice! Quali luoghi nobili avrebbe potuto preferire alla periferica Gerusalemme. Quanti piaceri e onori di corte. Anche noi, sorelle e fratelli, ci possiamo adagiare nelle posizioni raggiunte e nelle ricchezze, più o meno grandi, che ci danno sicurezza. Si perde così la gioia che avevamo da bambini, quel desiderio di scavare e di inventare che rende nuovo ogni giorno. “Inventare” – sapete – in latino significa “trovare”. La grande “invenzione” di Elena fu il ritrovamento della Santa Croce. Ecco il tesoro nascosto per cui vendere tutto! La Croce di Gesù è la scoperta più grande della vita, il valore che modifica tutti i valori.

Elena poté capirlo, forse, perché aveva portato a lungo la propria croce. Non era nata a corte: si dice che fosse una locandiera di umili origini, di cui il futuro imperatore Costanzo si innamorò. La sposò, ma per calcoli di potere non esitò poi a ripudiarla allontanandola per anni dal figlio Costantino. Divenuto imperatore, Costantino stesso le procurò non pochi dolori e delusioni, ma Elena fu sempre sé stessa: una donna in ricerca. Aveva deciso di diventare cristiana e praticò sempre la carità, non dimenticando mai gli umili da cui lei stessa proveniva.

Tanta dignità e fedeltà alla coscienza, cari fratelli e sorelle, cambiano il mondo anche oggi: avvicinano al tesoro, come il lavoro dell’agricoltore. Coltivare il proprio cuore richiede fatica. È il più grande lavoro. Ma scavando si trova, abbassandosi ci si avvicina sempre di più a quel Signore che spogliò sé stesso per farsi come noi. La sua Croce è sotto la crosta della nostra terra.

Possiamo camminare orgogliosi, calpestando distrattamente il tesoro che è sotto i nostri piedi. Se invece diventiamo come bambini, conosceremo un altro Regno, un’altra forza. Dio è sempre sotto di noi, per sollevarci in alto.

Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana, in particolare a quelli delle seguenti Diocesi: Ascoli Piceno, San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, con l’Arcivescovo Mons. Giampiero Palmieri; Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, con il suo Arcivescovo, Mons. Pasquale Cascio; Lodi, con il Vescovo Mons. Maurizio Malvestiti. Auspico che il vostro pellegrinaggio giubilare sia fonte di ispirazione, favorendo il desiderio di essere portatori di speranza cristiana e di gioia nella Chiesa e nella società.

Saluto poi i gruppi parrocchiali, specialmente quelli di Ruvo di Puglia, Archi e Francavilla in Sinni; come pure l’Ente Formedil Italia e le Edizioni Frate Indovino.

Il mio pensiero va, infine, ai malati, agli sposi novelli e ai giovani, tra cui saluto con affetto gli studenti dell’Istituto Marcello Candia di Seregno, gli Scout di Varese e quelli di Agropoli e di Padova. La Festa liturgica di dopodomani, Natività della Beata Vergine Maria, mi suggerisce di esortarvi a camminare sempre, come Maria, sulle strade del Signore.

A tutti la mia benedizione!

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